sabato 20 aprile 2013

VITAMINA C E STANCHEZZA, QUALI EVIDENZE ?


La vitamina C o acido ascorbico è una delle vitamine più note e più utilizzate dalla popolazione generale. Oltre a ricordarne proprietà e controindicazioni, vediamo il risultato di uno studio sul legame tra Vitamina C e stanchezza.

La Vitamina C, che è assunta oltre che con l'alimentazione, per mezzo di integratori alimentari, caramelle arricchite, farmaci, cosmetici e chi più ne ha più ne metta, è largamente conosciuta per il suo potere antiossidante e antinfiammatorio.
Non bisogna però dimenticare che l'equilibrio, anche nell'assunzione di vitamine idrosolubili, è sempre la soluzione giusta.
La vitamina C può infatti esercitare effetti opposti a quelli sperati, in quanto in presenza di metalli di transizione può comportarsi da ossidante riducendoli e dando origine a specie reattive (attività proossidante).

Oltre che per la sua attività antiossidante, la vitamina C è stato studiata anche come trattamento per la stanchezza e l'affaticamento psico-fisico.
Mentre vari studi condotti fino ad ora in merito hanno portato a risultati inconsistenti, forse anche per le differenti vie di somministrazione utilizzate, sono stati recentemente evidenziati risultati promettenti in uno studio sull'effetto della Vitamina C su un campione di impiegati d'ufficio.

In questo studio è stata prima di tutto scelta una via di somministrazione ben precisa, e.. voi penserete.. abbastanza inconsueta.. quella endovenosa.
Lo studio clinico randomizzato in doppio cieco ha coinvolto un gruppo di 141 volontari, impiegati di ufficio in buono stato di salute. 
Al gruppo di prova è stata somministrata per via endovenosa una soluzione fisiologica con una dose di 10 grammi di Vitamina C, mentre al gruppo placebo è stata iniettata soluzione fisiologica senza Vitamina C.
Prima della somministrazione sono stati misurati i livelli di stress ossidativo, il grado di stanchezza (tramite un punteggio attribuito) e il livello plasmatico di Vitamina C. Tali parametri sono stati rimisurati due ore dopo e un giorno dopo la somministrazione.

I risultati sono stati sorprendenti: il grado di stanchezza misurato due ore e un giorno dopo la somministrazione è risultato significativamente differente tra i due gruppi.
Nel gruppo a cui è stata somministrata la Vitamina C si è riscontrata una riduzione della stanchezza percepita a due ore dalla somministrazione e l'effetto è persistito per un giorno intero.
Le prove hanno anche confermato maggiori livelli plasmatici di Vitamina C e un minore stress ossidativo in questo gruppo rispetto al gruppo "placebo". Considerando inoltre l'alta dose di vitamina C somministrata, non ci sono state differenze significative in eventuali effetti collaterali percepiti tra i due gruppi. La somministrazione endovenosa di alte dosi di Vitamina C si è quindi dimostrata sicura ed efficace nel combattere la stanchezza.

Quindi, seppure la via di somministrazione e la dose studiata non è propriamente applicabile in ufficio, via libera alla vitamina C per combattere la stanchezza sul lavoro!
Perchè non provare ad assumerla naturalmente tramite pranzi e spuntini a base di alimenti ricchi di Vitamina C ?
Ben vengano allora vegetali freschi e frutta, in particolare peperoni, broccoli, cavoli, Kiwi, Ribes e Agrumi...
Buon lavoro.. e buon appetito!

FONTI:
http://www.inran.it/

"Intravenous Vitamin C administration reduces fatigue in office workers: a double-blind randomized controlled trial" Sang-Yeon Suh, Woo Bae, Hong-Yup Ahn, Sung-Eun Choi, Gyou-Chul Jung, Chang Yeom Nutrition Journal 2012, 11:7 (20 January 2012) 

Image Courtesy of Keko64/FreeDigitalPhotos.net

domenica 14 aprile 2013

SUSHI: PROPRIETA' NUTRIZIONALI E RISCHI PER LA SALUTE



Negli ultimi anni si è assistito in Italia ad un crescente successo delle specialità culinarie giapponesi, quali sushi e sashimi, che, nonostante il grande orgoglio degli italiani per la propria tradizione gastronomica, sono diventate di gran moda, in particolare tra i giovani.
Approfondiamone due aspetti fondamentali: le proprietà nutrizionali e i rischi per la salute, derivanti principalmente dal consumo di pesce crudo.

Sushi e sashimi consistono in preparazioni a base di pesce crudo (solitamente salmone, tonno, pesce spada, spigola, orata, sgombro, anguilla, aringa, gamberi) da solo o abbinato a vari ingredienti (riso aromatizzato all’aceto, alghe essiccate, radici vegetali (wasabi – pasta piccante di rafano verde), zenzero, soia, sesamo, verdure varie, frutti (es. avocado), aceto di riso).


Per quanto riguarda le proprietà nutrizionali, il pesce è un alimento molto importante, in quanto fonte di acidi grassi omega 3 a lunga catena (acido docosaesaenoico, DHA e eicosapentaenoico, EPA), le cui quantità  possono variare considerevolmente in funzione del tipo specifico di pesce consumato e del metodo di cottura.

In base ad un ampio studio multicentrico condotto negli Stati Uniti, il “Multiethnic Study of Atherosclerosis” (MESA), che ha esaminato le possibili correlazioni esistenti tra l’assunzione di differenti tipi di pesce, le modalità di cottura e i livelli di EPA e DHA effettivamente presenti nell’organismo, è risultato che le concentrazioni plasmatiche dipendono significativamente dal tipo di pesce considerato e, in particolare mostrano l’esistenza di una correlazione positiva tra il consumo di pesce preparato in modi diversi ma non fritto, e le concentrazioni di omega 3 circolanti.  

Sicuramente quindi il pesce consumato crudo costituisce una ottima fonte di omega 3, poichè non è sottoposto a trattamenti termici di cottura e soprattutto frittura, che utilizzando alte temperature promuovono l'ossidazione lipidica e  la formazione di sottoprodotti di ossidazione degli omega 3 potenzialmente dannosi.

Gli ingredienti accessori quali alghe e vegetali possono inoltre essere fonte di importanti micronutrienti (vitamine e minerali) che rivestono però un ruolo di minore importanza in quanto costituiscono una piccola parte della preparazione.

Non bisogna però dimenticare che il pesce consumato crudo o quasi crudo necessita di enorme cautela nella conservazione e nella preparazione in quanto può comportare dei rischi per la salute. 
Questo vale anche per le preparazioni "made in Italy", anche e soprattutto casalinghe, a base di pesce crudo o quasi crudo, come per esempio pesce marinato con limone o aceto o affumicato a freddo (alici, sardine o aringhe) e carpacci di pesce.

Il pesce e' un alimento molto a rischio in quanto puo' veicolare virus, parassiti e batteri patogeni, oltre che sostanze chimiche pericolose, soprattutto se viene servito crudo o poco cotto. 
Il pericolo principale, che contraddistingue le specialità a base di pesce crudo o quasi crudo, è la presenza di parassiti, primi fra tutti: Anisakis e Opistorchis felineus  (tipico dei pesci di acqua dolce). Ci soffermeremo sull'Anisakis in quanto è il parassita più conosciuto e temuto quando si tratta di pesce crudo di mare.

Anisakis è un genere di nematodi parassiti, le cui specie svolgono il loro ciclo biologico in ambiente marino. Le uova vengono rilasciate in acqua attraverso le feci dei mammiferi marini (balene, foche, delfini) e si sviluppano vari stadi larvali. 

Questi nematodi, nei pesci si presentano all'interno delle carni, sono visibili a occhio nudo, misurano dagli 1 ai 3 cm, vanno dal colore bianco al rosato, sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi.

Le larve di anisakis possono costituire un rischio per la salute umana in due modi:
1) Parassitosi causata da ingestione di pesci crudi contenenti le larve;
2) Reazione allergica ai prodotti chimici liberati dalle larve nei pesci ospiti.
Molti prodotti ittici possono essere interessati dall'infestazione da anisakis e, tra questi, quelli più a rischio sono: pesce sciabola, lampuga, pesce spada, tonno sardine, aringhe, acciughe, nasello, merluzzo, rana pescatrice e sgombro.
La parassitosi causata dall'ingestione delle larve viene detta Anisakidosi o anisakiasi. 
Essendo un'infezione parassitaria del tratto gastrointestinale causata dall'ingestione di prodotti ittici crudi o non sufficientemente cotti contenenti le larve di Anisakis simplex è riportata un'alta prevalenza nei paesi in cui il pesce viene tradizionalmente  consumato crudo, leggermente sottaceto o sotto sale, soprattutto nei Paesi Scandinavi (dal fegato di merluzzo), in Giappone (dal consumo di sushi e sashimi), in Olanda (dalle aringhe fermentate cosiddette maatjes) e nella costa del Pacifico del Sud America (dall'insalata di mare nota come ceviche). 

Dopo l'ingestione, le larve vitali possono essere espulse nelle 48 ore successive, oppure possono penetrare immediatamente la mucosa gastrica causando un dolore addominale violento, correlato a nausea e vomito.

Qualora queste riescano a passare nell'intestino, si può manifestare un'importante risposta immunitaria, generalmente una o due settimane dopo l'infezione, con dolore addominale intermittente, nausea, diarrea e febbre. È anche possibile che si manifesti un'emergenza medica come la perforazione intestinale.

In alcuni casi l'infezione si risolve con il solo trattamento sintomatico. In qualche caso l'infezione può portare a un'ostruzione dell'intestino tenue, che potrebbe richiedere l'intervento chirurgico.

Vista la gravità e le possibili complicanze di questa infezione parassitaria è necessario che vengano messe in atto le idonee misure preventive da parte di tutti gli operatori del settore alimentare e da parte di chiunque prepari piatti a base di pesce crudo o quasi crudo ad uso privato.

L'anikasiasi può essere prevenuta mediante la cottura e il congelamento del pesce a temperature adeguate per un tempo sufficientemente lungo, mentre non viene scongiurata dalla marinatura, né dalla salatura, né dall'affumicatura.

Nei paesi dell'Unione Europea il Regolamento CE 853/2004 raccomanda il congelamento dei prodotti ittici a -20 °C per almeno 24 ore (Trattamento di bonifica preventiva) e prevede l'ispezione a campione dei prodotti ittici, l'eventuale identificazione del parassita e la conseguente rimozione dal mercato dei prodotti pesantemente contaminati.

E' quindi molto importante porre una particolare attenzione al trattamento di bonifica preventiva del pesce da consumarsi crudo o quasi crudo, oltre ovviamente al rispetto delle consuete nome di conservazione e di manipolazione degli alimenti deperibili, che rendono necessaria la conservazione di materie prime e prodotto finito a temperatura controllata (max + 4°C) e l'attribuzione di una brevissima shelf-life al prodotto, che essendo molto deperibile deve essere consumato in giornata, anche per mantenerne intatto l'aroma.
Un aspetto importante da considerare per chiunque prepari a livello domestico piatti quali sushi o carpacci di pesce è che tra i congelatori domestici, solo quelli a tre o quattro stelle sono in grado di raggiungere tale temperatura all'interno del prodotto, mentre quelli a una o due stelle raggiungono rispettivamente una temperatura non sufficiente di -6 e -12 °C.

Detto questo... buon appetito! Ma... attenzione!

FONTI:
Qualità del pesce e modalità di cottura: effetti sulle concentrazioni plasmatiche di acidi grassi omega-3
Chung H, Nettleton JA, Lemaitre RN, Barr RG, Tsai MY, Tracy RP, Siscovick DS.
J Nutr. 2008 Dec;138(12):2422-7.

Harrison, Principi di medicina interna, Milano, McGraw-Hill, 2005, pp. 1423.

Bad Bug Book: Foodborne Pathogens Microorganisms and Natural Toxins Handbook. Food and Drug Administration.

Nakaji K (2009). "Enteric anisakiasis which improved with conservative treatment". Intern. Med. 48 (7): 573. doi:10.2169/internalmedicine.48.1905. PMID 19336962

Sugita S, Sasaki A, Shiraishi N, Kitano S (April 2008). "Laparoscopic treatment for a case of ileal anisakiasis". Surg Laparosc Endosc Percutan Tech 18 (2): 216–8. doi:10.1097/SLE.0b013e318166145c. PMID 18427347

Reg. CE 853/2004

EFSA, op. cit., pp. 39-40, 2010.

http://it.wikipedia.org/wiki/Anisakis

http://cdn.blogosfere.it/tempolibero/images/sushi-bouquet.jpg