La dieta moderna e le
abitudini alimentari occidentali possono danneggiare il funzionamento del
nostro sistema immunitario riducendo la capacità di difesa dalle infezioni e
favorendo infiammazioni, allergie, malattie
autoimmuni e tumori. Conoscere quali fattori della dieta occidentale
sono responsabili di questi effetti nocivi sul sistema immunitario è
fondamentale per migliorare la nostra dieta e prevenire le malattie
immuno-mediate.
E’ noto che una dieta che garantisce un adeguato apporto
energetico e di micronutrienti (vitamine e minerali) è fondamentale per le
funzioni del sistema immunitario. Un deficit di energia e/o di proteine, come è
ben visibile nei soggetti denutriti, riduce gravemente le difese immunitarie e
la capacità di risposta alle infezioni e la carenza di alcuni micronutrienti (selenio,
rame, vitamina C, vitamina D ecc. ) può rendere meno efficiente il nostro
sistema immunitario.
La dieta moderna, se non sufficientemente variata ed
equilibrata, può talvolta comportare carenze di micronutrienti, ma sono altri i
fattori caratteristici, ben più diffusi, che possono influire negativamente
sulle nostre difese immunitarie.
Incominciamo con elencare quali sono le caratteristiche
principali della dieta moderna occidentale:
- Eccessivo apporto di acidi grassi saturi
- Eccessivo apporto di acidi grassi polinsaturi
della serie omega-6
- Ridotto apporto di acidi grassi polinsaturi
della serie omega-3, a favore degli omega-6
- Eccessivo consumo di sale
- Eccessivo consumo di zuccheri semplici
Tali fattori sono spesso accompagnati da uno stile di vita
sedentario e possono da soli o in sinergia avere effetti nocivi anche sul
nostro sistema immunitario, favorendo le cosiddette malattie immuno-mediate
(allergie, malattie autoimmuni, infiammatorie e reumatiche). Vediamo come.
Zuccheri
Gli zuccheri semplici, in base a studi in vitro, riducono la funzionalità dei globuli bianchi (in
particolare la fagocitosi, ovvero la capacità di inglobare e distruggere agenti
estranei o riconosciuti come tali) e sono associati a marker di infiammazione
più elevati. Sembra in particolare avere un ruolo importante il carico
glicemico (impatto sulla glicemia di un pasto glucidico) dei pasti più che la
quantità in sé e per sé di zuccheri semplici.
I carboidrati complessi non digeribili (fibre alimentari
quali polisaccaridi, inulina, pectine) trovati in frutta e verdura, sembrano
invece ridurre l’infiammazione sia sull’uomo sia sugli animali.
Sale
Un elevato consumo di sale con la dieta, in base a studi su
animali, favorisce l’infiammazione e i processi infiammatori, aumenta il
rischio di malattie autoimmuni e ne aggrava il decorso. Questi risultati sono
tuttavia da confermare sull’uomo.
Acidi grassi saturi
Sono tanti gli studi e le evidenze scientifiche a prova
dell’effetto pro-infiammatorio degli acidi grassi saturi, che in natura si
trovano principalmente nei grassi animali (burro, lardo ecc.), solidi a
temperatura ambiente, o nei grassi vegetali sottoposti a trattamento di
idrogenazione (grassi vegetali idrogenati).
Essi supportano la via metabolica che porta alla formazione
delle prostaglandine, in particolare la prostaglandina E2, già conosciuta come
mediatore della febbre.
La prostaglandina E2 favorisce i processi infiammatori e
l’attivazione dei macrofagi, cellule immunitarie la cui principale funzione è
la fagocitosi.
Ma non finisce qui, troppi grassi saturi alterano la
composizione delle membrane cellulari delle cellule del sistema immunitario,
rendendole meno efficienti o alterandone le funzioni e possono indurre in
errore il sistema immunitario, favorendo risposte autoimmuni contro i propri
tessuti.
Le nostre cellule immunitarie hanno recettori particolari
per i batteri, sensibili ad alcuni grassi saturi utilizzati come segnali di
riconoscimento dei batteri, che in presenza di elevate concentrazioni degli
stessi, possono erroneamente “scambiarli” per batteri e innescare una risposta
infiammatoria nel nostro intestino.
L’infiammazione, in assenza dei batteri invasori, danneggia
“per errore” la barriera intestinale alterandone la permeabilità e peggiorando
il controllo delle infezioni.
Acidi grassi omega-6
Sebbene i grassi saturi spicchino tra i lipidi per il loro
forte effetto pro-infiammatorio, non tutti gli acidi grassi insaturi, tipici
degli oli vegetali (ad esempio olio di lino, olio di canapa ecc.) e liquidi a
temperatura ambiente, sono ritenuti completamente “innocui” nei confronti del
nostro sistema immunitario.
Gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-6, se in
eccesso , possono influire sulle difese immunitarie con vari meccanismi di
azione.
Sebbene gli attuali studi clinici sull’uomo non provano un
effetto pro-infiammatorio significativo degli acidi grassi omega-6, si attribuisce
ad un elevato apporto di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 un
effetto pro-infiammatorio, dovuto principalmente al fatto che essi sono
precursori dei mediatori dell’infiammazione.
Acidi grassi omega-3
A differenza dei precedenti, agli acidi grassi polinsaturi
della serie omega-3 è attribuito un
effetto antinfiammatorio, motivo per cui sono stati condotti vari studi sul
loro impiego nella gestione di malattie autoimmuni, reumatiche e infiammatorie.
Gli acidi grassi omega-3, contenuti in quantità significative
nel pesce e nell’olio di pesce, in crostacei, noci, alcuni oli vegetali e nei
semi di Chia, possono avere effetti benefici nel corso di varie condizioni con
una componente infiammatoria, come ad esempio l’aterosclerosi e le malattie
cardiovascolari, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino e le
allergie.
Un’adeguato apporto di acidi grassi omega-3 durante la
gravidanza sembra avere effetto protettivo sul nascituro nei confronti di
allergie e malattie infiammatorie, mentre è risultato il contrario per gli
acidi grassi saturi e omega-6, a conferma di quanto già discusso.
Ma come agiscono gli acidi grassi omega-3 sul nostro sistema
immunitario?
Essi inibiscono l’espressione dei geni pro-infiammatori e
dei recettori TLR4 per i batteri, modulando un sistema immunitario iperattivo.
Gli omega-3, e in particolare EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA, (acido
docosaesaenoico) possono inoltre influire sulla risposta immunitaria in quanto
precursori di sostanze con effetto antinfiammatorio in grado di ridurre
l’infiltrazione, indotta dall’infiammazione, di alcuni globuli bianchi, detti
neutrofili, e di “catturare” sostanze che promuovono l’infiammazione, ma non
solo.
Per questo, l’elevato apporto di acidi grassi omega-6 a
discapito degli omega-3, che si traduce in un elevato rapporto omega6/omega3, è
una delle principali cause imputate nella disfunzione immunitaria indotta dalla
dieta moderna e nell’insorgenza delle malattie immuno-mediate.
Il microbiota intestinale
Dopo aver analizzato i fattori della dieta che possono
influenzare, nel bene e nel male, il funzionamento del sistema immunitario,
occorre ricordare il ruolo fondamentale della microflora intestinale e dei batteri probiotici che ne fanno parte, il cui equilibrio sembra essere fondamentale non solo per il
mantenimento dell’equilibrio immunitario a livello intestinale ma anche a
livello sistemico.
La disbiosi intestinale, ovvero un’alterazione della normale microflora intestinale, sembra essere associata con l’alterato sviluppo dei
linfociti T regolatori, la cui carenza è legata ad un peggior controllo delle
infezioni, malattie autoimmuni, allergie e, su questo i pareri sono
controversi, al rischio di tumori.
Purtroppo la disbiosi intestinale può essere indotta da abitudini
alimentari scorrette: i principali fattori della dieta imputati sono i grassi e
gli zuccheri semplici, che possono alterare la composizione della microflora intestinale con vari meccanismi
di azione (induzione dell’infiammazione locale da recettori per batteri TLR4,
variazione della concentrazione dei nutrienti a livello intestinale ecc.).
L’effetto nocivo della dieta non sembra inoltre limitarsi al singolo, ma si trasmette di generazione in generazione in quanto il neonato
acquisisce non solo il microbiota della madre ma anche i suoi gusti e le sue abitudini
alimentari e nel corso dell’allattamento ingerisce molecole ad azione
pro-infiammatoria (queste ultime sarebbero associate ad elevato consumo di
grassi saturi da parte della madre).
Nutrizione, infiammazione e tumori
Abbiamo parlato dell’effetto negativo di alcuni nutrienti
sull’infiammazione e sul sistema immunitario e del legame della dieta moderna
con le malattie immuno-mediate (malattie infiammatorie, malattie autoimmuni,
malattie reumatiche ecc.).
E’ fondamentale ricordare anche che in generale,
l’infiammazione cronica è associata con un aumentato rischio di tumori.
Alcuni grassi saturi ad azione infiammatoria sembrano essere
direttamente coinvolti in questo meccanismo.
L’acido palmitico può potenziare la tossicità cellulare ferro-mediata,
aumentando il tasso di mutazione del DNA e inibendo la normale apoptosi delle
cellule mutate.
L’acido palmitico, l’acido stearico ma anche l’acido oleico
(omega-9) possono inoltre costituire fattori di rischio indipendenti per lo
sviluppo del tumore al colon.
Anche gli zuccheri semplici sembrano aumentare il rischio di
tumori secondo vari meccanismi di azione, non tanto in sé e per sé, ma in
quanto associati ad un elevato carico glicemico dei pasti e ad un elevato
apporto energetico (attivazione di mTORC1).
I vari integratori a base di nutrienti con potenziali
proprietà antitumorali, antiossidanti (vitamina E, vitamina D, selenio ecc) o benefiche per il sistema immunitario non
possono certo da soli limitare l’effetto pro-infiammatorio della dieta moderna,
è quindi fondamentale porre attenzione a ciò che mangiamo, in particolare ai
grassi saturi, al rapporto omega-6/omega-3, agli zuccheri semplici e al sale e
… imparare a conoscere e a leggere le etichette nutrizionali.
Fonti:
Fast food
fever: reviewing the impacts of the Western diet on immunity
Ian A Myles
– Nutrition Journal 2014 13:61
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