giovedì 9 aprile 2015

SEMI DI CHIA: PROPRIETA' E INDICAZIONI D'USO, SENZA ESAGERAZIONI


I semi di Chia, originari dell'America centro-meridionale, sono attualmente consumati in tutto il mondo per le loro proprietà nutrizionali e per i loro effetti benefici. Spesso definiti come "Super-Food" hanno indubbiamente caratteristiche nutrizionali interessanti. Vediamo però se sono realmente dei "super-food" e come e a che scopo consumarli.

La Chia (Salvia hispanica) è una pianta erbacea nativa del Messico e del Guatemala coltivata già in epoca precolombiana dagli Aztechi.
La componente più importante della pianta dal punto di vista nutrizionale sono i suoi semi, ricchi di composti bioattivi e paragonabili ai semi di lino e ai semi di sesamo. 
I semi di Chia contengono proteine (15-25%), grassi (30-33%), carboidrati (26-41%), fibra alimentare (18-30%), ceneri (4-5%), sali minerali, vitamine e antiossidanti. 
Non contengono glutine e sono quindi adatti all'alimentazione dei soggetti celiaci o con intolleranza al glutine.
I semi di Chia sono pubblicizzati per vari effetti benefici sulla salute, in particolare per l'azione normalizzante sui lipidi plasmatici (effetto ipolipemizzante).

Quali sono i composti bioattivi contenuti nei semi di Chia?
I semi di Chia sono semi oleosi ricchi di acidi grassi poli-insaturi (PUFA) omega-3 e di acidi grassi essenziali, l'acido alfa-linolenico (omega-3) e l'acido linoleico (omega-6).
Tali acidi grassi non possono essere sintetizzati dal nostro corpo e sono indispensabili per numerose funzioni biologiche come la produzione di energia, la formazione delle membrane cellulari, la sintesi di emoglobina, il corretto equilibrio ormonale.
I semi di Chia sono inoltre ricchi di composti fenolici ad azione antiossidante e di fibra alimentare.


Quali sono gli effetti benefici dei semi di Chia?
I semi di Chia sono stati pubblicizzati come "super-food" in grado di migliorare il decorso di malattie cardiovascolari, di ridurre l'infiammazione, di ridurre glicemia, colesterolo, trigliceridi e pressione arteriosa e di favorire il dimagrimento e la perdita di peso.
In realtà è stato condotto un limitato numero di studi sull'uomo volti a valutare l'efficacia dei semi di Chia nel ridurre fattori di rischio cardiovascolare come la glicemia e la trigliceridemia e nel favorire la perdita di peso e il dimagrimento.
Tali studi, in parte per l'esiguo numero e in parte per i risultati controversi, necessitano di ulteriori conferme.
Occorrerà inoltre valutare se gli effetti benefici legati all'assunzione dei semi di Chia sono pari a quelli dei singoli composti bioattivi contenuti (omega-3, omega-6, acidi grassi essenziali, antiossidanti, fibra alimentare) o se vi è un effetto sinergico legato alle specifiche caratteristiche del substrato alimentare e alla composizione dei semi di Chia.
Indipendentemente da ciò i semi di Chia hanno un indiscusso valore nutrizionale
l' ottimo profilo lipidico, in virtù dell'alto contenuto di acidi grassi poli-insaturi e di acidi grassi essenziali (acido alfa-linolenico e acido linoleico), li rende un valido aiuto per il controllo dei livelli di colesterolo nel sangue; il contenuto di antiossidanti li rende potenzialmente utili per contrastare le risposte infiammatorie e le infiammazioni; il contenuto in proteine e fibra alimentare li rende potenzialmente utili per favorire il senso di sazietà e rendere più "semplice" seguire una dieta dimagrante.


Come assumere i semi di Chia?
I semi di Chia possono essere utilizzati come fonte di olio di elevato valore nutrizionale, da utilizzare in miscela con altri oli per la cottura e per la preparazione di alimenti, o essere consumati e commercializzati integri.
Solo in quest'ultimo caso essi conservano tutti i loro nutrienti.
I semi di Chia integri possono essere assunti tal quali oppure essere addizionati a bevande, insalate, condimenti, succhi di frutta, yogurth, cereali e prodotti da forno.
Navigando nel Web sono tanti i siti che propongono svariate ricette con i semi di Chia! Per concludere, nel caso qualcuno fosse tentato di "fare il pieno" di semi di Chia, è giusto ricordare che le autorità sanitarie americane hanno dettato un limite di 48 grammi/giorno alla dose di semi di Chia da consumare con la dieta.

Fonte:
J Biomed Biotechnol. 2012; doi:  10.1155/2012/171956
The Promising Future of Chia, Salvia hispanica L.
Norlaily Mohd Ali et al.


martedì 7 aprile 2015

INTEGRATORI PER SPORTIVI: TUTTO SULLA CREATINA


La creatina, integratore alimentare tra i più popolari e più studiati degli ultimi anni, è risultata efficace per aumentare la massa magra, la forza muscolare e la generale prestazione anaerobica. Vediamo meglio quali sono le proprietà, i benefici e gli effetti collaterali della creatina e in quali casi è utile l'assunzione di creatina sotto forma di integratore alimentare.

Che cos'è la creatina?
La creatina è un composto organico azotato non essenziale. Non è una vitamina bensì un peptide intermedio del metabolismo energetico dei vertebrati presente in vari alimenti ma sintetizzato anche dall'uomo.
La sintesi della creatina avviene nel fegato a partire dagli aminoacidi L - arginina , glicina e L - metionina . Circa il 95% della creatina si trova nei muscoli scheletrici, dove la creatina funge da riserva energetica muscolare, liberando rapidamente energia disponibile nei momenti di massima richiesta metabolica, ovvero durante lo sforzo muscolare. La creatina è infatti "precursore" per la formazione di ATP, la principale forma di energia utilizzata dalle nostre cellule.

Proprietà della creatina
La creatina facilita il recupero della capacità di contrazione muscolare consentendo sforzi ripetuti ad intensità maggiore e aumentando in modo significativo la massa magra, la forza muscolare e la generale prestazione anaerobica.
La supplementazione con creatina è in grado di migliorare le prestazioni fisiche durante serie ripetute di esercizi di breve durata ma ad alta intensità. L'entità del miglioramento della prestazione fisica in caso di supplementazione con creatina risulta essere del 5-20%.
Cosa si intende per prestazioni fisiche? La capacità di portare a termine determinati esercizi con un allenamento più intenso, più velocemente o con una potenza superiore. La massa muscolare e la forza muscolare sono le principali determinanti della prestazione fisica. In caso di serie di esercizi ripetute però la prestazione fisica è legata anche alla capacità di recupero muscolare.
Per le sue proprietà la creatina, utilizzata anche in campo medico come rimedio complementare per il trattamento di alcune malattie muscolari come la distrofia muscolare e la malattia del motoneurone (SLA), ma anche dell'atrofia girata della retina e della cachessia, è conosciuta ai più soprattutto come integratore alimentare utile agli sportivi, in particolare a chi pratica discipline anaerobiche, come ad esempio body building e sollevamento pesi, ma non solo.
In base ad alcuni studi, alcuni dei quali necessitano di ulteriori conferme, la creatina avrebbe non solo attività antiossidante contro i radicali liberi, ma sarebbe utile per migliorare le capacità cognitive, come la memoria l'intelligenza e la tolleranza al glucosio. Sono in corso inoltre studi sull'uso della creatina come antidepressivo.

A chi può essere utile la creatina come integratore alimentare? 
L'uso di creatina in stati non patologici, quindi nella popolazione sana, sotto forma di integratore alimentare è risultato effettivamente utile per adulti sportivi che praticano esercizi ad alta intensità, ovvero sport con fonte energetica anaerobica, caratterizzati da sforzi brevi e massimali.
L'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), sulla base di numerose evidenze scientifiche, ha riconosciuto alla creatina, in virtù dei suoi effetti provati su "metabolismo energetico", "forza muscolare", "composizione corporea", "aumento della forza fisica", "aumento della massa", “aumento della potenza”, “miglioramento delle prestazioni fisiche”, “sforzo/recupero muscolare”, il claim salutistico (Health Claim) "il consumo di creatina migliora le prestazioni fisiche durante serie ripetute di esercizi di breve durata ad alta intensità", considerando come popolazione target di tale effetto fisiologico benefico proprio quella degli sportivi.
Non sono invece per il momento stati riconosciuti gli Health Claims relativi al miglioramento del potenziale di resistenza fisica e delle prestazioni in attività fisiche di resistenza.
In sintesi quindi la creatina risulta utile principalmente per le discipline di tipo anaerobico, come il body building e sollevamento pesi, ma anche per gli sport che richiedono scatti o corse brevi (100/200 metri piani) o che hanno una componente anaerobica.
La letteratura scientifica ha confermato l'efficacia della creatina anche in sport come il ciclismo, per l'aumento della potenza muscolare, il nuoto e il calcio, per l'aumento delle prestazioni sportive nello sprint.

A quale dose fa effetto la creatina?
Nel Web e in letteratura si trovano vari protocolli di assunzione di creatina.
Una modalità di assunzione di creatina molto comune è quella del "carico di creatina" seguito da una fase di mantenimento. Tale procedura comporta l'assunzione di 0,3g/kg/die di creatina per 5-7 giorni (corrispondenti a circa 5 grammi, presi quattro volte al giorno, per un totale di 20 grammi), a cui segue un periodo in cui se ne assumono 3-5 grammi al giorno come "dose di mantenimento".
Nel "protocollo a carico ciclico" segue una nuova fase di carico ogni 3-4 settimane.
La letteratura scientifica ha riportato che i protocolli senza periodo di carico, pur utilizzando dosi più basse di creatina, sono sufficienti e altrettanto efficaci per aumentare la creatina muscolare.
Il più comune protocollo senza carico comporta l'assunzione di 3 grammi al giorno di creatina (3g/die), generalmente per un periodo di un mese. A tale periodo può eventualmente seguire un periodo di mantenimento con 2 grammi al giorno di creatina (2g/die).
In accordo con ciò, in base ai dati EFSA, per migliorare la capacità di allenamento e le prestazioni fisiche in esercizi ad alta intensità è sufficiente una dose giornaliera di 3 grammi di creatina (3g/die).
In base al report del Ministero della Salute su "Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico" aggiornato a Febbraio 2015, per la dieta degli sportivi l’apporto giornaliero di creatina può arrivare a 6 g per non più di un mese. La creatina non deve comunque essere utilizzata in gravidanza e nei bambini o comunque per periodi prolungati senza sentire il parere del medico.
In base ad alcuni studi la creatina potrebbe avere effetto sinergico se assunta insieme ad altri nutrienti (carboidrati, proteine, acido alfa-lipoico, acido linoleico coniugato e beta alanina).


Quali sono le fonti alimentari di creatina?
La creatina, oltre ad essere sintetizzata anche dall'uomo, è contenuta naturalmente in alcuni alimenti, soprattutto nella carne e nel pesce. Normalmente in un soggetto sano che non svolge attività sportive intense e di tipo anaerobico, il fabbisogno giornaliero di creatina (circa 2 g) è soddisfatto in parte dall'apporto alimentare garantito da una dieta bilanciata e in parte dalla sintesi endogena di creatina.
Gli alimenti di origine animale più ricchi di creatina sono aringhe, maiale, salmone, manzo, tonno e merluzzo.
L'apporto proveniente da fonti alimentari vegetali, come i mirtilli, è trascurabile, motivo per cui l'uso di integratori alimentari di creatina risulta particolarmente utile per i vegetariani stretti che praticano sport di tipo anaerobico.


La creatina ha degli effetti collaterali?
La creatina, se assunta alla dose indicata, ha come unico effetto collaterale riconosciuto l'aumento di peso corporeo dovuto in parte ad una maggiore ritenzione idrica e in parte all'aumento della massa muscolare. Alle dosi consigliate l'assunzione di creatina non causa crampi, disidratazione, danno renale e affaticamento muscolare.

La creatina è pericolosa per la salute?
Molti credono che la supplementazione con creatina sia pericolosa e comporti dei rischi per la salute, in particolare stress e sovraccarico renale o epatico.
In effetti sono proprio il fegato e i reni gli organi coinvolti nel metabolismo della creatina, come del resto avviene per altri nutrienti.
Tuttavia gli studi scientifici sulla sicurezza della creatina hanno rilevato in modo univoco l'assenza di effetti dannosi sull'uomo sia a breve termine sia a lungo termine.
La creatina è quindi un integratore efficace e sicuro per la salute, fermo restando il rispetto delle indicazioni d'uso e delle modalità di assunzione raccomandate.

Fonti:
Lawler et al. Directantioxidant properties of creatine. Biochem Biophys Res Commun. 2002 Jan 11;290(1):47-52. 
EFSA Journal 2011;9(7):2303 [24 pp.]. doi:10.2903/j.efsa.2011.2303
www.salute.gov.it
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mercoledì 4 marzo 2015

VITAMINE DEL GRUPPO B CONTRO LO STRESS LAVORO-CORRELATO: FUNZIONANO?


Lo stress da lavoro, detto anche stress lavoro-correlato, è un rischio psico-sociale sempre più diffuso, anche a causa dell'attuale mercato del lavoro sempre più competitivo.
L'assunzione di integratori alimentari a base di vitamine del gruppo B sembra essere un intervento efficace e sostenibile per limitare questo problema, sempre più rilevante sia dal punto di vista sanitario sia dal punto di vista economico.

Lo stress lavoro-correlato non è per definizione una malattia ma una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro.
Lo stress lavoro-correlato sta diventando un problema socio-economico sempre più rilevante in quanto è legato ad una riduzione della produttività, ad un maggior assenteismo e ad un peggior stato di salute della popolazione.

Qual'è il ruolo dell'alimentazione in caso di stress?
L'alimentazione è un fattore importantissimo su cui possiamo agire.
E' provato che le carenze di alcuni micronutrienti (vitamine e minerali) sono legate ad alterazioni dell'umore, tra cui l'aumentata sensibilità allo stress, ansia e altri sintomi psichiatrici.
La correzione di queste carenze tramite l'integrazione alimentare, in particolare nel caso delle vitamine del gruppo B, si è dimostrata efficace nel migliorare l'umore, sia in persone sane sia in persone con patologie preesistenti.
A ciò si aggiunge l'importante risultato di alcuni studi sugli anziani, che hanno mostrato una relazione diretta tra quantità di vitamine del gruppo B assunte e capacità cognitive.

Se è vero quindi che un'alimentazione bilanciata, con il giusto apporto di vitamine del gruppo B e degli altri micronutrienti, è fondamentale per contrastare lo stress psico-fisico, purtroppo è vero anche che in condizioni di stress si tende a cadere più facilmente in eccessi alimentari, nel junk-food (cibo spazzatura) o in una dieta poco varia, favorendo l'aggravarsi del problema.
Ribadendo che gli integratori alimentari non sono da considerarsi sostituti di una dieta variata e bilanciata, l'integrazione alimentare con vitamine del gruppo B, il cui fabbisogno in caso di stress è aumentato, può essere un valido aiuto per contrastare lo stress psico-fisico e sentirsi meglio.
Nel frattempo, un importante studio australiano sta valutando in modo approfondito se la supplementazione della dieta con vitamine del gruppo B può essere considerato un intervento sostenibile per la riduzione dello stress lavoro-correlato e delle problematiche socio-economiche ad esso connesse.

Fonte: Nutrition Journal 2014,13:122 doi:10.1186/1475-2891-13-122
Reducing occupational stress with a B-vitamin focussed intervention: a randomized clinical trial: study protocol
Con Stough et al.
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martedì 13 gennaio 2015

ALIMENTI E INTEGRATORI UTILI PER LA VISTA : ECCO QUALI SONO...



Sono tanti gli integratori sul mercato ai quali sono attribuite proprietà protettive nei confronti degli occhi e della vista. Ma quali sono i nutrienti davvero utili ed efficaci per il mantenimento della vista e per la salute degli occhi? Vediamolo insieme.

Al giorno d'oggi i problemi di vista, soprattutto tra i giovani, sono sempre più diffusi.
Ciò, nel caso della miopia, è stato attribuito ad un eccessivo uso di dispositivi elettronici come tv e tablet.
E' importante comunque ricordare che i fattori che concorrono alla vista e alla salute degli occhi sono svariati, dai fattori genetici ai fattori ambientali.
Importantissimo e a volte sottovalutato è il ruolo di una dieta bilanciata, fondamentale per garantire un adeguato apporto di quei nutrienti effettivamente utili per mantenere gli occhi in salute e per preservare la nostra vista.
Ecco quali sono i nutrienti (vitamine, minerali e non solo), assumibili con alimenti e/o integratori alimentari, utili per la vista e la salute degli occhi e che possono vantare il claim salutistico "contribuisce al mantenimento della vista" sull'etichettatura alimentare.


DHA (Acido grasso omega-3 a lunga catena)

IL DHA è un importantissimo componente strutturale di tessuto nervoso e retina, che contengono altissime concentrazioni di questo acido grasso.
Il DHA è fondamentale per il corretto funzionamento della retina, poichè ha una comprovata influenza sul funzionamento dei fotorecettori della retina.
E' inoltre provato che la carenza di DHA e del suo "parente" acido alfa-linolenico è correlata a problemi neurologici e disturbi di crescita.

Fonti alimentari di DHA: pesce, olio di pesce, uova, tacchino con pelle, crostacei ecc.


RIBOFLAVINA (Vitamina B2)

La riboflavina è fondamentale per la funzione del glutatione, tripeptide necessario per il mantenimento della trasparenza del cristallino.
La carenza di riboflavina può essere causa di congiuntivite con vascolarizzazione della cornea e opacità del cristallino.

Fonti alimentari di Riboflavina (Vitamina B2): fegato, latte, lievito di birra, uova, pappa reale, muesli, germe di frumento, radicchio verde, castagne, soia ecc.


VITAMINA A

La Vitamina A, nella sua forma denominata retinale, è fondamentale per la trasformazione dei segnali luminosi in un segnale nervoso e quindi per la visione.
Inoltre, la Vitamina A rilasciata nella lacrime che lubrificano gli occhi è importantissima per la differenziazione cellulare e per l'integrità strutturale della cornea.
Una carenza di Vitamina A ha come conseguenza la xerosi (secchezza) della cornea e può comportare la comparsa delle macchie di Bitot, caratterizzate da chiazze bianche, rialzate e nettamente delineate sulla sclera dell'occhio.

Fonti alimentari di Vitamina A: fegato, anguilla, albicocche, carote, burro, pomodori, zucca, radicchio verde ecc.


ZINCO

Lo Zinco regola la conversione della Vitamina A da retinolo a retinale, passaggio cruciale per il ciclo visivo nella retina. Lo Zinco ha inoltre effetto sulla funzione dei fotorecettori e sulla trasmissione degli impulsi nervosi, oltre che funzione antiossidante.
La carenza di zinco nell'uomo è legata alla difficoltà di adattamento al buio.

Fonti alimentari di Zinco: Grana, fegato, anacardi, agnello, sardine, tacchino, polpo, noci pecan ecc.

Qualcuno si stupirà del fatto che tra questi nutrienti, il cui apporto alimentare è riconosciuto utile ai fini del mantenimento della vista, non si trovano i carotenoidi luteina e zeaxantina.

La luteina e la zeaxantina sono infatti conosciute per il loro potere antiossidante e per le proprietà benefiche per la retina e la macula lutea. Esse proteggono inoltre gli occhi dai danni legati all'esposizione alla luce.
Il fatto che non possano ancora vantare il claim salutistico sulla vista (a meno che non siano commercializzate in miscela con i nutrienti prima analizzati) non è sinonimo della loro inefficacia per la protezione degli occhi, ma piuttosto del fatto che gli studi presentati sino ad ora a sostegno del claim non sono sufficienti a dimostrare un chiaro rapporto causa effetto tra la dose assunta con la dieta ed effetti benefici inequivocabili sulla vista.

Dove trovarle? Principalmente nei vegetali. Le principali fonti alimentari di Luteina e Zeaxantina sono infatti cavolo verde, paprika, peperoncino rosso, spinaci, bietole, cicoria, radicchio, piselli, lattuga, zucchine, zucca, peperoni e tanti altri vegetali, ma anche uova e caviale.

Fonti.
EFSA Journal
www.inran.it
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martedì 5 agosto 2014

DIETA MODERNA, SISTEMA IMMUNITARIO E MALATTIE IMMUNO-MEDIATE: CIO’ CHE DOBBIAMO SAPERE



La dieta moderna e le abitudini alimentari occidentali possono danneggiare il funzionamento del nostro sistema immunitario riducendo la capacità di difesa dalle infezioni e favorendo infiammazioni, allergie, malattie   autoimmuni e tumori. Conoscere quali fattori della dieta occidentale sono responsabili di questi effetti nocivi sul sistema immunitario è fondamentale per migliorare la nostra dieta e prevenire le malattie immuno-mediate.

E’ noto che una dieta che garantisce un adeguato apporto energetico e di micronutrienti (vitamine e minerali) è fondamentale per le funzioni del sistema immunitario. Un deficit di energia e/o di proteine, come è ben visibile nei soggetti denutriti, riduce gravemente le difese immunitarie e la capacità di risposta alle infezioni e la carenza di alcuni micronutrienti (selenio, rame, vitamina C, vitamina D ecc. ) può rendere meno efficiente il nostro sistema immunitario.
La dieta moderna, se non sufficientemente variata ed equilibrata, può talvolta comportare carenze di micronutrienti, ma sono altri i fattori caratteristici, ben più diffusi, che possono influire negativamente sulle nostre difese immunitarie.
Incominciamo con elencare quali sono le caratteristiche principali della dieta moderna occidentale:
  •           Eccessivo apporto di acidi grassi saturi
  •           Eccessivo apporto di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6
  •         Ridotto apporto di acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, a  favore degli omega-6
  •           Eccessivo consumo di sale
  •           Eccessivo consumo di zuccheri semplici

Tali fattori sono spesso accompagnati da uno stile di vita sedentario e possono da soli o in sinergia avere effetti nocivi anche sul nostro sistema immunitario, favorendo le cosiddette malattie immuno-mediate (allergie, malattie autoimmuni, infiammatorie e reumatiche). Vediamo come.

Zuccheri
Gli zuccheri semplici, in base a studi in vitro, riducono la funzionalità dei globuli bianchi (in particolare la fagocitosi, ovvero la capacità di inglobare e distruggere agenti estranei o riconosciuti come tali) e sono associati a marker di infiammazione più elevati. Sembra in particolare avere un ruolo importante il carico glicemico (impatto sulla glicemia di un pasto glucidico) dei pasti più che la quantità in sé e per sé di zuccheri semplici.
I carboidrati complessi non digeribili (fibre alimentari quali polisaccaridi, inulina, pectine) trovati in frutta e verdura, sembrano invece ridurre l’infiammazione sia sull’uomo sia sugli animali.

Sale
Un elevato consumo di sale con la dieta, in base a studi su animali, favorisce l’infiammazione e i processi infiammatori, aumenta il rischio di malattie autoimmuni e ne aggrava il decorso. Questi risultati sono tuttavia da confermare sull’uomo.

Acidi grassi saturi
Sono tanti gli studi e le evidenze scientifiche a prova dell’effetto pro-infiammatorio degli acidi grassi saturi, che in natura si trovano principalmente nei grassi animali (burro, lardo ecc.), solidi a temperatura ambiente, o nei grassi vegetali sottoposti a trattamento di idrogenazione (grassi vegetali idrogenati).
Essi supportano la via metabolica che porta alla formazione delle prostaglandine, in particolare la prostaglandina E2, già conosciuta come mediatore della febbre.
La prostaglandina E2 favorisce i processi infiammatori e l’attivazione dei macrofagi, cellule immunitarie la cui principale funzione è la fagocitosi.
Ma non finisce qui, troppi grassi saturi alterano la composizione delle membrane cellulari delle cellule del sistema immunitario, rendendole meno efficienti o alterandone le funzioni e possono indurre in errore il sistema immunitario, favorendo risposte autoimmuni contro i propri tessuti.
Le nostre cellule immunitarie hanno recettori particolari per i batteri, sensibili ad alcuni grassi saturi utilizzati come segnali di riconoscimento dei batteri, che in presenza di elevate concentrazioni degli stessi, possono erroneamente “scambiarli” per batteri e innescare una risposta infiammatoria nel nostro intestino.
L’infiammazione, in assenza dei batteri invasori, danneggia “per errore” la barriera intestinale alterandone la permeabilità e peggiorando il controllo delle infezioni.

Acidi grassi omega-6
Sebbene i grassi saturi spicchino tra i lipidi per il loro forte effetto pro-infiammatorio, non tutti gli acidi grassi insaturi, tipici degli oli vegetali (ad esempio olio di lino, olio di canapa ecc.) e liquidi a temperatura ambiente, sono ritenuti completamente “innocui” nei confronti del nostro sistema immunitario.
Gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-6, se in eccesso , possono influire sulle difese immunitarie con vari meccanismi di azione.
Sebbene gli attuali studi clinici sull’uomo non provano un effetto pro-infiammatorio significativo degli acidi grassi omega-6, si attribuisce ad un elevato apporto di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 un effetto pro-infiammatorio, dovuto principalmente al fatto che essi sono precursori dei mediatori dell’infiammazione.

Acidi grassi omega-3
A differenza dei precedenti, agli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3  è attribuito un effetto antinfiammatorio, motivo per cui sono stati condotti vari studi sul loro impiego nella gestione di malattie autoimmuni, reumatiche e infiammatorie.
Gli acidi grassi omega-3, contenuti in quantità significative nel pesce e nell’olio di pesce, in crostacei, noci, alcuni oli vegetali e nei semi di Chia, possono avere effetti benefici nel corso di varie condizioni con una componente infiammatoria, come ad esempio l’aterosclerosi e le malattie cardiovascolari, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino e le allergie.
Un’adeguato apporto di acidi grassi omega-3 durante la gravidanza sembra avere effetto protettivo sul nascituro nei confronti di allergie e malattie infiammatorie, mentre è risultato il contrario per gli acidi grassi saturi e omega-6, a conferma di quanto già discusso.
Ma come agiscono gli acidi grassi omega-3 sul nostro sistema immunitario?
Essi inibiscono l’espressione dei geni pro-infiammatori e dei recettori TLR4 per i batteri, modulando un sistema immunitario iperattivo. Gli omega-3, e in particolare EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA, (acido docosaesaenoico) possono inoltre influire sulla risposta immunitaria in quanto precursori di sostanze con effetto antinfiammatorio in grado di ridurre l’infiltrazione, indotta dall’infiammazione, di alcuni globuli bianchi, detti neutrofili, e di “catturare” sostanze che promuovono l’infiammazione, ma non solo.
Per questo, l’elevato apporto di acidi grassi omega-6 a discapito degli omega-3, che si traduce in un elevato rapporto omega6/omega3, è una delle principali cause imputate nella disfunzione immunitaria indotta dalla dieta moderna e nell’insorgenza delle malattie immuno-mediate.

Il microbiota intestinale
Dopo aver analizzato i fattori della dieta che possono influenzare, nel bene e nel male, il funzionamento del sistema immunitario, occorre ricordare il ruolo fondamentale della microflora intestinale e dei batteri probiotici che ne fanno parte, il cui equilibrio sembra essere fondamentale non solo per il mantenimento dell’equilibrio immunitario a livello intestinale ma anche a livello sistemico.
La disbiosi intestinale, ovvero un’alterazione della normale microflora intestinale, sembra essere associata con l’alterato sviluppo dei linfociti T regolatori, la cui carenza è legata ad un peggior controllo delle infezioni, malattie autoimmuni, allergie e, su questo i pareri sono controversi, al rischio di tumori.
Purtroppo la disbiosi intestinale può essere indotta da abitudini alimentari scorrette: i principali fattori della dieta imputati sono i grassi e gli zuccheri semplici, che possono alterare la composizione  della microflora intestinale con vari meccanismi di azione (induzione dell’infiammazione locale da recettori per batteri TLR4, variazione della concentrazione dei nutrienti a livello intestinale ecc.).
L’effetto nocivo della dieta non sembra inoltre limitarsi al singolo, ma si trasmette di generazione in generazione in quanto il neonato acquisisce non solo il microbiota della madre ma anche i suoi gusti e le sue abitudini alimentari e nel corso dell’allattamento ingerisce molecole ad azione pro-infiammatoria (queste ultime sarebbero associate ad elevato consumo di grassi saturi da parte della madre).

Nutrizione, infiammazione e tumori
Abbiamo parlato dell’effetto negativo di alcuni nutrienti sull’infiammazione e sul sistema immunitario e del legame della dieta moderna con le malattie immuno-mediate (malattie infiammatorie, malattie autoimmuni, malattie reumatiche ecc.).
E’ fondamentale ricordare anche che in generale, l’infiammazione cronica è associata con un aumentato rischio di tumori.
Alcuni grassi saturi ad azione infiammatoria sembrano essere direttamente coinvolti in questo meccanismo.
L’acido palmitico può potenziare la tossicità cellulare ferro-mediata, aumentando il tasso di mutazione del DNA e inibendo la normale apoptosi delle cellule mutate.
L’acido palmitico, l’acido stearico ma anche l’acido oleico (omega-9) possono inoltre costituire fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo del tumore al colon.
Anche gli zuccheri semplici sembrano aumentare il rischio di tumori secondo vari meccanismi di azione, non tanto in sé e per sé, ma in quanto associati ad un elevato carico glicemico dei pasti e ad un elevato apporto energetico (attivazione di mTORC1).

I vari integratori a base di nutrienti con potenziali proprietà antitumorali, antiossidanti (vitamina E, vitamina D, selenio ecc)  o benefiche per il sistema immunitario non possono certo da soli limitare l’effetto pro-infiammatorio della dieta moderna, è quindi fondamentale porre attenzione a ciò che mangiamo, in particolare ai grassi saturi, al rapporto omega-6/omega-3, agli zuccheri semplici e al sale e … imparare a conoscere e a leggere le etichette nutrizionali.

Fonti:
Fast food fever: reviewing the impacts of the Western diet on immunity
Ian A Myles – Nutrition Journal 2014 13:61
Image Courtesy of KEKO64/FreeDigitalPhotos.net